Direttiva SMA: troppi obblighi allontanano gli investimenti
Augusto Preta su Lavoce.info

È in dirittura d’arrivo la legge che recepisce la direttiva sui servizi di media audiovisivi. Impone obblighi molto rigidi agli operatori on demand. Ma è una scelta che non difende la nostra industria audiovisiva, anzi finisce per penalizzarne lo sviluppo

È ormai solo questione di giorni e poi si concluderà la travagliata vicenda relativa al recepimento della direttiva sui servizi di media audiovisivi (SMA), inizialmente previsto a settembre 2020, che ha portato anche all’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. [...]

[...] La direttiva SMA non prevede obblighi specifici sulle quote di investimento in produzione, lasciandone la discrezionalità agli stati membri. È dunque l’Italia che ha scelto la linea più rigida, con l’imposizione di quote molte alte per i servizi a richiesta: si stabilisce infatti un aumento graduale anno per anno, fino al 25 per cento nel 2025 sugli introiti netti fatturati in Italia l’anno precedente da destinare alla produzione di opere europee (con sotto-quote italiane). [...]

[...] Se si guarda al tema in una prospettiva di sviluppo dell’industria audiovisiva europea nei prossimi anni – indubbiamente uno degli obiettivi della riforma – va considerato come Netlfix & co. siano ormai i maggiori produttori audiovisivi in Europa e il loro ruolo, anche in Italia, sarà sempre più centrale, rappresentando il vero driver di mercato, a fronte di una stagnazione degli investimenti dei servizi televisivi lineari. L’attuale contesto di mercato spinge infatti a una forte crescita delle produzioni locali finanziate principalmente dai servizi a richiesta, che si stanno ampliando ed espandendo a livello globale. [...]

[...] In un contesto di crescita e di forte competizione, la proposta di legge italiana si concentra sulle regole, imponendo ai servizi a richiesta gli obblighi più stringenti che, come tali, non sono in grado di garantire un miglior grado di salute dell’industria nazionale (statisticamente, i paesi che investono di più non hanno obblighi). Invece di assecondare l’evoluzione del mercato, riducendo gli elementi di criticità che possono spingere gli investitori a scegliere altre realtà nazionali egualmente o ancor più evolute, la proposta italiana sembra invece voler penalizzare proprio coloro che dovrebbero investire di più nel nostro paese. [...]                                                


Augusto Preta, Lavoce.info, 03.11.2021

 

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