Le Tv: qui il mercato è unico
I broadcaster chiedono che si rivedano le norme per evitare di essere penalizzati.
C'era una volta la televisione: in chiaro, gratis e unica. Poi è arrivata quella a pagamento, quella satellitare e infine quella online. Distinzioni fra modelli di business, piattaforme e tecnologie che a detta dei broadcaster italiani (così come di alcuni operatori di video su internet) non ha più senso considerare dal punto di vista legislativo, pena l'imposizione di vincoli che, anziché tutelare la concorrenza la azzoppano, avvantaggiando chi questi vincoli non li ha. Ieri i maggiori operatori televisivi italiani, per un volta concordi ciascuno dal proprio punto di vista, hanno ribadito questa posizione in un incontro all'Università Bocconi sulle nuove prospettive nella definizione dei mercati.
Il punto di partenza è stato uno studio del docente all'ateneo milanese Michele Polo e di Augusto Preta di ITMedia Consulting che mostra come oggi sia sfumata la differenza fra televisione gratuita e pay Tv. Intanto, ha spiegato Preta con i dati degli ultimi anni, "è evidente che con la crescita dell'offerta tematica free siano calati gli abbonati alla pay Tv". Entrambe, infatti, insistono sullo stesso tempo disponibile dello spettatore e l'offerta del digitale terrestre gratuito copre lo stesso pubblico di quella satellitare. Free e pay in concorrenza, insomma, sotto molti punti di vista, anche sui contenuti: serie e reality (X Factor) che diventano premium quando per loro natura e origine sono gratuiti e per contro contenuti premium come i film o le grandi serie nella Tv tematica in chiaro.
Andrea Secchi, ItaliaOggi, 10 febbraio 2015
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